Rieccoci qui.

Questa settimana ho creato un articolo un po’ diverso dal solito.

Ho deciso di intervistare una persona a me molto cara, Luca Caccia, che ha fatto diverse volte il Tour Leader con Motorizzonti, e che questa volta ha compiuto una vera e propria impresa: la Gibilterra Race.

Si tratta di una gara completamente in sterrato, da Brasov, vicino Bucarest in Romania, a Gibilterra, un percorso di più di 8000 km in 15 giorni.

Luca è stato straordinario, posizionandosi 13° su 86 partecipanti, ma la cosa davvero sorprendente è la moto con la quale è partito: una KTM 1290, l’unica in tutta la gara.

Ma bando alle ciance, voglio farti vivere questa esperienza tramite le sue parole, perciò ti lascio all’intervista, buona lettura.

Innanzitutto complimenti. Ottenere un risultato simile con una moto di quel tipo è strabiliante.

Più che altro per la moto, che era l’unica così grande.

Presentati a chi non ti conosce, dicci un po’ cosa fai nella vita, anche oltre alle moto.

Beh la moto è la mia vita, altrimenti non avrebbe nemmeno avuto senso affrontare un’impresa simile con una moto del genere.     

La passione per i motori l’ho sempre avuta fin da bambino e, infatti, di lavoro commercio auto e moto.

Cosa ti ha portato a scegliere la Gibilterra Race?

In pratica avevamo messo su un team. Eravamo io, Giorgio Ferretti, detto il Signor Guado, che ha 65 anni e appena vede un guado ci si butta dentro. Lui ha una Yamaha XT660. E poi c’era Filippo Vighi, ex pilota, con un KTM 690 che però è stato più sfortunato, avendo rotto una guarnizione che ha portato alla fusione della moto.

E a te com’è andata questa competizione?

Sapevamo che era un giro bello lungo, ma a detta dell’organizzazione abbastanza turistico, soft. Invece tra moto rotte e cadute ci sono stati una trentina di ritiri. Fortunatamente noi ce l’abbiamo fatta.

L’idea di partecipare è stata del Signor Guado. A forza di “se non vieni tu io non vado” ci siamo messi noi tre e siamo partiti. Sapevamo di fare una cosa unica perché non ce ne sono altri di giri così.

Devo dire che è stata dura, indipendentemente dalla moto.

Quali sono stati i momenti di maggior difficoltà?

Tutti e nessuno. Quando Filippo ha rotto la moto in Spagna eravamo bloccati in cima a una montagna e siccome noi siamo amici ci siamo fermati tutti.

Poi era un rally principalmente di navigazione, cosa che noi non sapevamo fare e che abbiamo dovuto imparare sul momento.

Poi c’erano delle prove speciali da 120-130 Km che si sono rivelate molto impegnative.

Poi capisci, noi l’abbiamo presa come “ci facciamo un giro”, ma quando alla sera vedi la classifica ti sale la competizione.

Questa è stata la tua prima gara?

Di questo genere sì.

Avevi già fatto viaggi così lunghi, magari con Motorizzonti?

Sì, io ho fatto la guida.

Ho fatto 3-4 volte Capo Nord, sono andato a Dakar andata e ritorno – cosa che fanno in pochi -, poi ho fatto la Turchia, l’Iran, l’Iraq e tutto l’est. A parte il Sud-America, che ci voglio andare, il resto l’ho fatto tutto.

L’esperienza del lavoro da guida per Motorizzonti ti è stato utile per preparare questa gara e per affrontarla al meglio?

Certo, è tutta esperienza.

Un rally come questo si basa solo sull’esperienza perché devi prevedere tutto.

Anche, ad esempio, i cambi della moto da portare.

Devi capire cosa si potrebbe rompere.

A me a metà gara è scoppiato l’ammortizzatore posteriore.

Me lo sono fatto portare a Verona dall’assistenza e me lo sono fatto cambiare, sennò non sarei riuscito ad andare avanti.

E tu come hai cominciato con Motorizzonti?

Ho iniziato con Paolo che l’ho conosciuto facendo un viaggio a Capo Nord. Poi ci siamo fatti insieme, da guida, la Tunisia e il Marocco.

Durante la Gibilterra Race gestire le emozioni non dev’essere stato semplice.

Eh certo. Dovevi essere allenato perché durava molto. Ti metti in moto la mattina alle 7 e scendi la sera alle 19-20. Poi ci sono dei tempi da rispettare.

E tu cos’hai fatto per prepararti a questa gara?

Se devo essere sincero non ho fatto niente.

Come gli altri due.

Siamo partiti così.

Per fortuna avevamo l’esperienza dalla nostra.

L’unica cosa è che siamo andati a Pinerolo a fare un corso GPS, ma non ci abbiamo capito una sega e abbiamo poi dovuto imparare sul campo.

L’anno prossimo, sicuramente, arriverò molto più pronto e preparato.

Anche perché se non sai navigare è inutile anche andare forte.

E cosa ti sei portato dietro della tua esperienza con Motorizzonti?

Sicuramente i viaggi lunghi mi sono serviti molto che ti insegnano a capire quando devi rallentare.

È meglio capire quando devi mollare un po’, piuttosto che quando devi andare.

Questa secondo me è l’esperienza vera.

Se sai dire di no e mollare un po’ il gas ti risparmi molte cadute.

E com’era l’organizzazione della gara? Di cosa era costituita la vostra giornata tipo?

Il percorso, in termini di bellezza, era favoloso.

Però forse era troppo tirato.

Molti si lamentavano perché erano troppi chilometri al giorno.

Andare avanti per 14 giorni a 500-600 Km al giorno è pesante.

Era organizzato egregiamente secondo me, anche perché non è facile mettere su un percorso simile.

Capisci che per tutta la Spagna abbiamo fatto solo 11-12 Km di autostrada. Il resto è stato tutto passi e strade secondarie: bellissimo!

E come paesaggi?

Eh vedrai le foto e capirai che meraviglia (puoi trovare le foto qui)

Tu come ti sentivi prima di partire e, soprattutto, come ti sei sentito a gara finita?

Alla fine ho avuto un crollo perché l’ho presa sul serio.

Ho avuto un forte stress fisico, mi è venuta la febbre e sono finito al pronto soccorso.

Ma questo perché ci tenevo a far bene.

Se uno la prende come un giro va e la fa, ma è diverso.  Ma fidati che quando alla sera sei ottantesimo e l’altro è decimo…

È tanto bello quanto stressante.

Ma, gli altri motociclisti, cosa ti dicevano quando ti vedevano gareggiare con una moto di quelle dimensioni?

I primi giorni c’erano degli inglesi che mi dicevano che non sarei arrivato alla fine e che mi sarei solo fatto male.

Io me ne sbattevo e dicevo “pensate alla vostro di moto, che io penso alla mia”.

Alla fine li ho superati tutti questi.

Quando ero giovane si diceva che è la manetta che conta e non solo la moto.

Secondo me è così anche adesso.

Avessi avuto un 690 probabilmente sarei arrivato ancora meglio e meno stanco.

Comunque hai ottenuto un risultato molto importante.

Certo. Sopratutto per noi che non sapevamo navigare.

La rifarai?

Sicuro. L’anno prossimo e con una moto più piccola. Con l’esperienza di navigazione che mi è mancata quest’anno.

Rispetto a un viaggio con Motorizzonti, al di là dello stress e della competizione, quali sono state le grosse differenze che hai trovato?

Beh quello di Motorizzonti è un viaggio. Questa era una gara a tutti gli effetti.

Lascia perdere quello che dicono: c’erano dei tempi da rispettare e dovevi tirare.

Ogni giorno si partiva alle 7.15 e avevi 11 ore di tempo.

All’interno di questo c’erano altri tempi più piccoli da rispettare.

Inoltre c’erano dei tempi massimi di arrivo.

Dopo il terzo ritardo ti squalificavano.

Poi, per carità, potevi continuare il giro, ma comunque capisci che c’era un’impostazione competitiva. Era un rally.

Quindi un’esperienza simile la può fare solo chi ha una determinata esperienza?

Non ne serve tantissima, ma un po’ ci vuole.

Chi va lì con la borsetta dietro dopo 1-2 giorni se ne torna a casa. Come è successo ad alcuni.

Ma questo perché sembrava fosse un giretto e poi si è rivelata una cosa molto più tosta.

Però ripeto: io lo rifarei domani mattina. Io. Credo che altri non la pensino come me.

Per quale motivo una persona è spinta ad affrontare una gara del genere? A te cosa ha spinto?

La sfida personale. Secondo me per il pilota “normale” è già una bella sfida arrivare in fondo. Ovvio, con qualche caduta. Conta che ci sono stati una trentina di ritiri e varie rotture di moto. E c’erano dei bei mezzi.

Credo che sia stato impegnativo anche a livello di terreni.

Esattamente. Dalle terre ferme a quelle smosse, vallate, fiumi, sabbia.

Sabbia non tantissima, ma certi tratti, con la mia moto, li ho dovuti percorrere con i piedi per terra.

Era tutto un tira, sali, spingi, scendi. Però è stato bellissimo. Il giro più bello della mia vita.

Quindi tu lo consigli a chi ha una certa esperienza e molta forza di volontà.

Certo, la consiglierei, ma senza far caso ai tempi. Altrimenti poi diventa una gara e diventa un’altra cosa. Anche a livello psicologico perché mangi quello che mangi, dormi poco, etc…

Invece consiglieresti di fare un po’ di viaggi con Motorizzonti per prepararsi ad affrontare competizioni e gare?

Sì, assolutamente. Motorizzonti è molto serio come tour operator. E te lo dico perché ne ho visti anche altri… In Motorizzonti sono tutte persone che sanno quello che fanno.

E ora cos’hai in programma?

A fine anno voglio andare in Patagonia con un ragazzo che è là che si chiama Davide. Un ragazzo che ha fatto il giro del mondo. Lui ora organizza viaggi lì. Sarebbe un viaggio tosto, ma non una gara. Che poi anche alla Gibilterra Race volendo ti potevi fermare, però il tempo era proprio poco. Soprattutto se volevi fare risultato.

So che dopo questa esperienza ti hanno contattato in molti, tipo KTM e la rivista Roadbook.

Sì, è vero.

Ti chiedo l’ultima cosa. Secondo te, cosa ti porti dietro da questa esperienza?

Ehhh… Ti potrei dire che aiuta a capire il proprio limite. Ti insegna a saperti dire di no e a fermarti prima di avere spiacevoli inconvenienti. Questo per tutti. E conta che lì c’erano piloti professionisti. Non gente che ha fatto i mondiali, ma comunque persone molto competenti.

Non male eh la storia di Luca.

Spero che l’intervista ti sia piaciuta e ti abbia lasciato stimoli e magari la voglia di partire anche tu per un’esperienza simile.

 

A presto.

 

Valter.